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E’ l’ottobre del 2018 quando un ciclone extratropicale, chiamato tempesta Vaia, distrugge 16 milioni di metri cubi di bosco, circa 9 milioni di metri cubi di legname, il che significa, a seconda delle stime, tra 14 e 17 milioni di piante sradicate, solo nell’Italia nordorientale.
Un vento a 200km/h si lascia alle spalle un paesaggio completamente cambiato e sfregiato, danni per miliardi e 16 vittime; dopo 245.000 scariche di fulmini, oltre 600 mm di acqua in tre giorni, pari alla quantità che dovrebbe cadere in sei mesi, intere valli si presentarono con un aspetto sfigurato e desolato. I danni economici stimati furono intorno ai 3 miliardi. L’eredità di tale sciagura, negli anni successivi, è stata la moltiplicazione del bostrico: Vaia e l’attacco del bostrico, congiuntamente, hanno agito come un mazza su milioni di metri cubi di legname che, lasciati a terra, sono diventati biomassa. Gli effetti sono stati enormi: sia per il mercato del legname che per tutti i servizi ecosistemici che il bosco dovrebbe fornire.
“Il nostro dipartimento – sostiene Emanuele Lingua del Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova – sta cercando di affrontare questo enorme problema da più lati.
Come gestire i popolamenti attaccati dal bostrico e quelli schiantati? Quali saranno le foreste del futuro? Come ripristinare la copertura forestale su questo territorio? Quali specie dobbiamo andare a inserire con i rimboschimenti, quali facilitare con la rinnovazione naturale?
Dobbiamo cambiare la composizione specifica se vogliamo un popolamento più resiliente e più resistente in futuro, anche lavorando nell’utilizzo di diverse tipologie, cercando di aumentare la biodiversità dei popolamenti forestali che saranno diversi da quelli che siamo abituati ad osservare o che abbiamo sempre visto, nelle cartoline delle nostre vallate alpine”.
Quindi, dopo la Xylella fastidiosa ed il Granchio blu, dobbiamo prepararci ad una nuova scorreria. Quella del Bostrico tipografo, così detto perché scava gallerie dalla forma caratteristica e riconoscibile. Ci mancava. Ma vediamo di conoscerlo meglio.
“Il bostrico tipografo è un piccolo insetto forestale che colpisce principalmente l’abete rosso scavando delle gallerie sotto la corteccia ed uccidendo gli alberi. È una specie indigena e ha sempre avuto un ruolo ecologico molto importante. Tuttavia, nelle attuali condizioni, legate a fenomeni di stress degli alberi, può causare infestazioni molto gravi che poi si espandono e interessano anche il resto del bosco, portando a morie estese. Vaia del 2018 ha causato una repentina e veloce quantità di materiale colonizzabile da parte del bostrico: gli alberi schiantati dal vento. Le popolazioni di bostrico hanno cominciato a moltiplicarsi in massa su questi alberi atterrati, successivamente il legno si è seccato e il bostrico ha iniziato a colonizzare anche gli alberi in piedi sopravvissuti a Vaia – spiega Massimo Faccoli del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova –.
Se la distruzione di Vaia è quantificabile in 16 milioni di metri cubi, quella derivante dal bostrico tipografo potenzialmente potrebbe essere maggiore. Stimare la durata dell’epidemia è difficile, molto dipende dalle condizioni ambientali e qui, di nuovo, il cambiamento climatico gioca un ruolo fondamentale. Ogni evento che indebolisce le piante favorisce l’infestazione. Due esempi su tutti: l’estate siccitosa del 2022 e quella caldissima del 2023. Tutto è collegato, a volte in maniera subdola: un cambiamento del clima genera nuovi e imprevisti fenomeni e che non permettono una pianificazione di medio-lungo periodo sulle condizioni future dei nostri popolamenti. Il nostro dipartimento affronta il problema bostrico tipografo sviluppando sia la ricerca di base, studiando i parametri più legati alla biologia e all’ecologia della popolazione di bostrico, che con la sperimentazione legata alla gestione e al contenimento dell’infestazione”.
In risposta a questa emergenza, nasce il Progetto emergenza parassita bostrico, condotto dai Dipartimenti Territorio e Sistemi Agro-forestali (TESAF), e Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE) dell’Università di Padova, grazie anche alla preziosa collaborazione con l’agenzia di comunicazione AKQA s.r.l. e con l’azienda trevigiana di carte da gioco Dal Negro.
L’obiettivo del progetto è quello di finanziare due dottorati di ricerca di durata triennale in Selvicoltura e Entomologia forestale finalizzati allo studio del fenomeno epidemico e di nuovi metodi e strumenti di prevenzione.
Purtroppo, gli interventi che si possono mettere in atto ora sono limitati e per questo è fondamentale investire nello studio e nella ricerca sul fenomeno, al fine di prevenire, in futuro, nuove proliferazioni del parassita, killer dei boschi.
Con il Progetto emergenza parassita bostrico, l’Università di Padova dà il via a un progetto ambizioso che richiede un grande impegno, anche economico. Per questo, congiuntamente al supporto dell’Ateneo, è fondamentale l’aiuto da parte di ciascuno per fare sì che la ricerca proceda in maniera spedita e possa tempestivamente salvare il patrimonio boschivo attaccato dall’insetto.
Se voleste partecipare a questo progetto, vi lasciamo il link per contribuire alla ricerca:
https://www.unipd.it/sostieni/emergenza-bostrico
Sostenere è doveroso e vi invitiamo a farlo, soprattutto i progetti in cui ci ritroviamo maggiormente, permettetemi però una considerazione personale.
Pare che il bostrico prediliga visitare l’abete rosso, tant’è che rappresenta il 99% delle sue vittime, inoltre nei boschi infestati dal coleottero, si possono osservare abeti rossi morti ed abeti bianchi o larici, assolutamente sani ed integri.
Ma l’immagine del bosco ad abete rosso, l’abbiamo voluta noi: non è “naturale”.
Non desidero entrare qui nel merito del perché, fatto sta che abbiamo preferito ed allevato un albero, quale l’abete rosso, anche in contesti che avrebbero richiesto altri fusti, e questo per una visione egoista ed antropocentrica di ciò che ci circonda, natura compresa.
A rigor di logica, quindi, i presupposti per rendere il bostrico epidemico, le abbiamo volute noi. Un attimo di serena riflessione da parte di noi tutti, a questo punto, sarebbe conveniente. Giusto per non continuare ad inanellare comportamenti autolesionisti. A presto!