Boomers Attivi e graditi ospiti, salve!
La città di Gorizia è stata da sempre terra di incontro e scontro di tre civiltà: latina, germanica e slava.
Agli inizi del 500 fu occupata militarmente da Venezia: periodo infelice in realtà per l’iniziativa, in quanto la Repubblica lagunare essendo già in rotta di collisione con la Francia, alleatasi a sua volta con la Lega di Cambrai alle maggiori potenze europee con la speranza di mantenere un’egemonia su diversi territori della penisola italiana, ne perse la giurisdizione nella battaglia di Agnadello il 14 maggio del 1509.
Da questo momento la città di Gorizia per quattro secoli entra nell’orbita asburgica assorbendone lingua, tradizioni e struttura sociale.
Storia comunque travagliata quella di questa città, che nel 1947 vide il suo centro storico separarsi dalla stazione ferroviaria Transalpina e dalle zone di periferia, per creare il confine tra l’Italia e la neonata Jugoslavia.
Per dividere i due paesi, venne anche eretto quello che poi divenne celebre come “il muro di Gorizia “, precursore in qualche modo di quello di Berlino: in Jugoslavia, contraltare di Gorizia, venne costruita Nova Gorica.
Penso sia stato un periodo buio e scorato per la città, in quanto le barriere puoi metterle ai territori ma non agli affetti, alle famiglie divise ed alla loro sofferenza.
Il tempo passa, ed essendo almeno lui galantuomo, anche se lentamente purtroppo per chi ci viveva, sistema le cose: dal 1962 inizia una graduale apertura territoriale che accelera nel 2004 quando la Slovenia entra nell’ Unione Europea ed è massima quando entra nell’area Schengen.
Dopo anni di separazione e tradizioni diverse, trovarsi ed integrarsi nuovamente richiede impegno, intelligenza e pazienza, ma Gorizia e Nova Gorica hanno oggi un importante possibilità: sono infatti state nominate insieme Capitale Europea della Cultura 2025, e riceveranno fondi per dare vita a nuovi progetti di integrazione europea.
Una sfida importante, ma sono friulani, e questo la dice lunga.
Sono temprati, rispettosi ed amanti della loro terra, cui sono legatissimi, laboriosi e tradizionalisti, persone degne di fiducia.
Non amabilissimi o brillanti, e neppure intenzionati a piacere o compiacere, sono semplicemente se stessi.
Hanno imparato l’impegno e la pazienza, quelli che alla fine vincono, e si stanno muovendo in tal senso.
A Palazzo Attems Petzenstein, dal 1° dicembre 2023 al 7 aprile 2024 ci sarà la mostra PITTORI DEL SETTECENTO TRA VENEZIA E L’IMPERO a cura di Liliana Cargnelutti, Vania Gransinigh e Alessandro Quinzi.
La grande esposizione, allestita su due sedi, mette in luce l’osmosi tra aree storicamente riconducibili a differenti entità statali. Quello che oggi è il Friuli-Venezia Giulia come dicevamo, fu, sino al 1797, anno della caduta della Serenissima Repubblica di San Marco, terra contesa tra Venezia, che esprimeva il suo dominio sulla “Patria del Friuli”, e l’Impero asburgico che dominava il Goriziano, Trieste e la contigua Slovenia.
Lingue, tradizioni, visioni diverse, ma non per gli artisti, uomini e donne che traghettarono i loro originali modi di esprimere l’arte in territori non abituali, trovandoli ricettivi.
Magie che solo la creatività riesce a realizzare.
Palazzo Attems Petzenstein è cornice perfetta per accogliere le testimonianze del ‘700 artistico nella Contea di Gorizia.
Per ornare il salone di questo suo palazzo di città, il conte Sigismondo Attems Petzenstein si affidò ad Antonio Paroli che vi collocò gli Dei dell’Olimpo e brani di storia tardoantica: Alessandro Magno taglia il nodo gordiano e Teodorico uccide Odoacre a Ravenna.
Per la pala d’altare della cappella di famiglia il conte coinvolse il veronese Giambettino Cignaroli, artista di fama europea, al quale l’imperatore Giuseppe II avrebbe offerto la direzione dell’Accademia di Vienna.
In questo contesto, la mostra si sviluppa secondo un ordine cronologico, all’interno del quale ciascuna stanza diviene un nucleo di approfondimento di un artista, di un committente o di un momento storico.
Il percorso espositivo si arricchisce degli artisti operanti a Lubiana e Vienna, segno tangibile dei vivaci rapporti con il Ducato di Carniola e la capitale dell’Impero, e di autori minori, attivi lungo il confine con la Serenissima.
Una menzione a parte merita Francesco Chiarottini, autore degli affreschi in due sale del palazzo, aggiornati sulle novità romane di Piranesi, che alla fine del secolo compì un percorso inverso rispetto al Quaglio: si affermò nelle terre imperiali per poi lavorare nel Friuli veneto.
Una delle 13 sale del percorso espositivo è tutta al femminile, ed è collegata ad uno storico evento: la visita in città dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo VI.
Nel 1728, l’annuncio dell’arrivo dell’Augusto Ospite calamitò a Gorizia artisti dai territori veneti, come l’udinese Francesco Pavona o la veneziana Rosalba Carriera “prima pittrice dell’Europa”.
Il loro virtuosismo nell’arte del pastello avrebbe sollecitato il gusto e la passione collezionistica del conte Livio Lantieri che si avvalse di Pavona per ornare la sua stanza nel castello di Riffembergo con 35 ritratti di santi.
L’arte del ‘700 è particolare, come lo è il periodo storico e filosofico che la vedono protagonista, deve quindi piacere.
Ma una visita alla Mostra ed a Gorizia ve la consiglio: passato il Livenza c’è un’atmosfera diversa, mitteleuropea, particolare e gradevole.
Da provare.
A presto!