Boomers attivi e graditi ospiti, bentrovati!
Facciamo insieme una prova di fantasia e lasciamoci trasportare dall’immaginazione….
Siamo a Venezia, metà del ‘700, al crepuscolo di una luminosa e tersa giornata di aprile, come solo Venezia, complice il riflesso dell’acqua, sa regalare: in uno dei palazzi che si affacciano sul Canal Grande, la padrona di casa riceve le amiche.
Il salotto è tutto un chiacchiericcio garbato, un brusio di tazze e bicchieri, le voci sono basse come si conviene tra persone educate, la servitù accende le prime candele per illuminare l’ambiente.
L’eleganza delle signore è raffinata: fruscii di soffici vestiti, cuciti da mani abili ed operose, nei toni e nelle sfumature allora più di moda, capelli impeccabili, alcune dame portano girocollo in tinta con gli abiti, anch’essi manufatti di maestria artigianale veneziana: sono infatti di perle di vetro.
Però….
La storia delle perle di vetro in realtà inizia da lontano, addirittura nel 2000 a. C.: antichi manufatti in vetro risalenti a quel periodo sono esposti a Berlino all’Antikensammlung Berlin, uno dei quali consiste in una canna a mosaico attribuita alla XII dinastia egizia e molto simile alla murrina veneziana.
Dobbiamo arrivare in epoca tardo romana per ritrovare i vetrai, allorché Costantino emanò delle leggi a loro favore, esentandoli dal pagamento dei tributi ed equiparandoli a dottori, farmacisti ed architetti.
In Italia, nacquero i primi insediamenti della lavorazione delle perle di vetro; il primo di questi siti pare sia stato fondato ad Aquileia, antico porto romano, importante per i traffici e gli scambi con l’Oriente.
Da Aquileia, la pratica della lavorazione del vetro giunse senz’altro a Venezia.
Nel 1291 per motivi tecnico-logistici legati da un lato alla lavorazione del vetro, dall’altro alla fragilità insita di Venezia, in seguito a decreto, i prodotti vetrari della città dovevano essere lavorati solo a Murano: le perle invece erano veneziane e non muranesi, perché la mole del fuoco per produrle non costituiva alcun pericolo.
Ecco perché i produttori di perle hanno avuto per secoli sede a Venezia, ed i manufatti prodotti, furono richiesti in tutto il mondo.
Per la loro notorietà, assunsero il nome di perle veneziane.
A partire dal 1600 le tecniche della lavorazione si ampliarono con la pratica delle perle lavorate “al lume”.
Oltre all’uso primario di tipo estetico, le perle di vetro venivano adoperate anche come moneta ufficiale e facevano parte della dote nunziale nei paesi dell’Africa.
La più ricercata fra tutte era comunque la “rosetta”, che poteva essere portata solo dalle massime autorità locali, come regnanti o alti dignitari: era considerata l’aristocratica delle perle.
È storicamente accertato che le perle di vetro venivano prodotte a Venezia fin dal XIII secolo e che, nei secoli successivi, ne sia stato fatto un intenso commercio soprattutto con i porti del Levante.
Il Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle Perle di Vetro Veneziane rappresentato, in particolare, dalla sua Presidente Cristina Bedin e dalla Vicepresidente Marisa Convento, una delle “ultime” impiraresse, ha lavorato e si è molto battuto perché l’arte di produrre perle di vetro rientrasse tra i Patrimoni immateriali dell’Unesco.
Dal 2020, quest’arte straordinaria è stata finalmente iscritta nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO e nel mese di ottobre la Regione del Veneto, assieme al Ministero della Cultura, il Comune di Venezia e il Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle Perle di Vetro Veneziane, ha firmato un importante Protocollo per la sua tutela.
“La Regione del Veneto vuole sempre essere al fianco delle comunità locali e di chi si impegna nella valorizzazione e conservazione di antichi saperi che costituiscono la nostra storia” aggiunge Zaia. “Anche la stipula dell’Atto d’Intesa va in questa direzione: il Comune di Venezia è stato individuato come soggetto referente al fine di permettere le richieste dei contributi al Ministero della Cultura. Ringrazio il Comune di Venezia, il Ministero della Cultura, la Fondazione Musei Civici di Venezia e il Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle Perle di Vetro Veneziane per l’impegno profuso”.
“La Regione del Veneto riconosce la ricchezza dell’arte della perla di vetro, parte viva del passato che costituisce un patrimonio da salvaguardare e rafforzare per tramandare alle future generazioni quei valori universali su cui si fonda la nostra identità, individuale e collettiva. Per il Veneto è una potente leva di attrazione che sancisce l’importanza delle forme intangibili della cultura, radicate nella nostra storia e nel tessuto sociale, come risorse fondamentali di identità e diversità culturale. La firma del Protocollo e dell’Atto di Intesa è solo il primo step, il nostro impegno è quello di continuare a lavorare per una valorizzazione internazionale di quello scrigno di bellezze e stupore che è il Veneto”, conclude il Presidente Zaia.
Applaudiamo le Istituzioni che proteggono a fatti il territorio, la sua identità ed i suoi valori remoti, affinché eternino uguale messaggio anche nel futuro, e siamo fortemente dalla parte di quei cittadini che infilando, passatemi il termine, credo, amore e giusta passione, combattono perché la memoria non si spenga.
A presto!