Boomers Attivi e graditi ospiti, salve!
Abbiamo indugiato finora a parlare di vini, credo sia dunque venuto il momento di porre l’accento anche su quella che è la sorella naturale, cioè la birra.
Ambedue sono bevande fermentate che istintivamente l’uomo ha fabbricato ma, mentre una si ottiene tramutando, a mezzo di un lievito speciale, prima in zuccheri poi in alcol gli amidi dell’orzo germogliante ed in un secondo tempo aggiungendo il luppolo, l’altro si ricava fermentando i già abbondanti zuccheri dell’uva, senza nulla dover aggiungere.
Il nome classico dell’orzo è Hordeum vulgare, famiglia delle Graminacee; quello preferito dai mastri birrai per la produzione della birra è l’orzo distico, meglio se da coltivazione estiva.
Una volta trasformato in malto, viene trattato fino alla trasformazione in mosto, con un processo detto di ammostatura.
È a questo punto che viene aggiunto il lievito per aiutare la trasformazione degli zuccheri in alcol.
Il Luppolo invece, Humulus lupulus, è una pianta rampicante spontanea nel centro-nord Europa, può raggiungere i 7 metri e più di altezza ed ha la straordinaria capacità di crescere, in condizioni ideali, cioè in zone dal clima temperato e con terreni freschi, fino a 15 cm al giorno: appartiene alla grande famiglia delle Cannabaceae, tuttavia, a differenza degli altri vegetali appartenenti a tale categoria, il luppolo non contiene sostanze stupefacenti, è dotato inoltre di infiorescenze maschili e femminili.
Le infiorescenze maschili normalmente vengono eliminate appena nascono (salvo in Inghilterra dove vengono utilizzate nelle birre ad alta fermentazione), mentre le femminili, denominate coni, sono riunite in infiorescenze simili a grappoli e vengono fatte crescere senza possibilità di essere fecondate.
I coni sono ricchi di ghiandole che secernono una resina giallastra ed amara, la luppolina, composta da acidi organici, polifenoli ed oli essenziali.
Sono queste le sostanze responsabili dell’attività funzionale del luppolo nella birra. La fioritura avviene prevalentemente in estate, mentre la maturazione dei semi si completa con l’inizio dell’autunno.
Il luppolo trova un ampio utilizzo anche come rimedio erboristico e fitoterapico.
La sua fama, se così vogliamo chiamarla, va imputata al duca bavarese Guglielmo IV insieme al fratello Ludovico X : è il 23 aprile 1516 nella città di Ingolstadt, quando il regnante, sostenuto dal fratello, emana l’editto di Reinheitsgebot che impone, tra l’altro, il divieto di utilizzare ingredienti aromatici all’infuori del luppolo nella preparazione della birra contemporaneamente cambiandone per sempre il volto e diventando a tutti gli effetti la più antica legge sulla protezione dei consumatori.
A dirsela, l’antica composizione della cervogia non era affatto incoraggiante in quanto causava malessere, fino a diventare addirittura mortale per la presenza, nella sua composizione, della Belladonna. Pianta velenosa se non trattata con cura.
Nel 1906 l’editto sulla purezza diventò legge nazionale, e le tante birre speziate diventarono fuorilegge: dobbiamo arrivare al 1987 quando, attraverso una causa intentata dai birrai francesi, la Corte Europea dichiarò illegale l’editto sulla purezza.
Ritornando alla pianta, viene aggiunta alla cervogia per varie ragioni, innanzitutto mitiga il sapore dolce del malto, dando alla birra quel sapore amaro che tanto piace e che è “misurabile” tramite la percentuale di Alpha Acidi (AA, cioè le resine contenute nei suoi fiori), arricchisce l’aroma, la schiarisce e funge da conservante visto che ha proprietà antibatteriche, inoltre migliora la stabilità della spuma.
“Una pinta di birra è un pasto da re” chiosava William Shakespeare, e Johann Wolfgang von Goethe, esponente di spicco della letteratura tedesca, dedito ai godimenti, diceva: “Una birra forte, un tabacco profumato e una donna, questo è piacere”.
Quale poi di queste tre cose non avesse funzionato con il giovane Werther, non è dato sapere.
Nel medioevo la birra faceva parte delle abitudini alimentari del nord Europa, per il suo contenuto calorico ed i suoi valori nutritivi e veniva servita ai pasti, preferita all’acqua, di cui era più difficile garantire la purezza.
Nel processo artigianale viene utilizzato proprio il fiore del luppolo, mentre nella lavorazione industriale viene usato un concentrato.
Produrre buona birra oggi, significa replicare gesti simili a quelli originali ed antichi, solo facilitati da macchinari avanzati e nuova conoscenza.
La birra è poco calorica, circa 34 calorie per 100 gr. ma, salendo in quantità e grado alcolico, anche il potere energetico sale, motivo in più per moderarne l’uso: ma se siete dei bevitori di birra, sappiate che in corrette quantità, oltre a soddisfare il palato, rinforza le ossa per la presenza del silicio. Ama la vita!