Boomers attivi e graditi ospiti, bentrovati!
Era il 1914 quando gli europei risposero alla guerra come ad una entusiasmante vicenda patriottica, senza neppure immaginare a quale catastrofe sarebbero andati incontro.
Dopo decenni di pace, si tende a scordare cos’ è veramente un conflitto e soprattutto non si pensa, che la guerra attuale tenderà a moltiplicare gli orrori delle ostilità precedenti.
Gli europei andarono a combattere quasi esultanti, orgogliosi del proprio patriottismo e certi dei motivi per cui combattevano, sicuri che la vittoria sarebbe arrivata in breve tempo.
Già.
Su questo in genere si fa leva.
Peccato che non solo il conflitto sia durto a lungo, ma i costi materiali in termini di abitazioni e industrie distrutte, economie nazionali fiaccate, riserve finanziarie svuotate, inflazione galoppante, ed umane, in termini di caduti sul campo e feriti, molti dei quali rimasti deformati a vita, siano stati altissimi.
Era caduto il meglio della gioventù d’Europa, e pure molti uomini di valore, cambiando in contemporanea il carattere di una generazione, che nella guerra aveva visto, come in uno specchio deformante, l’immagine di un altro sé, più violento e sconosciuto.
Il quadro dell’Italia degli anni 20 del ‘900 è quindi una rappresentazione postbellica di distruzione e difficoltà, uniti alla spossatezza della popolazione per la pandemia di Spagnola che fece solo in Italia 400.000 morti e se realizziamo il focus sul Veneto, Chioggia tutta rischiò addirittura di essere evacuata, a causa degli ospedali pieni di malati.
Ma sono questi anche gli anni in cui bisogna rimboccarsi le maniche e dare messaggi di speranza e ricostruzione, perché credere in un futuro migliore, lo rende già tale.
E’ il 1923 quando Nino Barbantini, primo Direttore della Galleria di Ca’ Pesaro a Venezia, organizzò e allestì la mostra “Il ritratto veneziano dell’Ottocento”, tra le prime retrospettive dedicate a questo secolo, coronata da un grande successo di pubblico, di stampa e di critica, realizzata con criteri museografici attualissimi e con un numero eccezionale di opere e prestiti, provenienti da tutto il Triveneto.
Questo entusiasmante fervore rivive oggi, dal 21 ottobre 2023 al 1 aprile 2024 sempre a Venezia nel contesto di Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna, in una mostra analoga e dallo stesso titolo, “Il ritratto veneziano dell’ottocento”, grazie ad un prezioso e lungo lavoro di ricerca, condotto dai curatori, Elisabetta Barisoni e Roberto De Feo, con un enorme sforzo critico che in due anni, ha portato a rintracciare ben 166 opere di 52 artisti già della mostra originale, ora conservate in Musei e collezioni su tutto il territorio nazionale, oltre ai i capolavori rimasti a Venezia, provenienti dalle collezioni di Ca’ Pesaro, del Museo Correr, e dalle Gallerie dell’Accademia.
«La mostra del 1923, ricordano i curatori dell’attuale, riscosse grandissimo successo di pubblico e una dinamica risposta della stampa.
Ancora oggi è considerata una rassegna di capitale importanza per la riscoperta dell’arte veneziana di un intero secolo, per l’avvio della conoscenza dei suoi protagonisti e la valorizzazione di molti dei capolavori che vi furono esposti.
L’iniziativa inaugurava anche un nuovo corso della Galleria veneziana e dell’attività di Barbantini, indirizzata, durante gli anni Venti, alla progettazione di significative esposizioni monografiche su periodi o singoli protagonisti dell’arte italiana.
Il ritratto veneziano dell’Ottocento è inoltre centrale nella definizione della storia delle mostre, e costituisce un valido e precoce esempio museografico di rassegna dedicata a un tema o a un preciso arco temporale, concepita come una rassegna lnguistica di un’esposizione che fece storia e al contempo un omaggio al suo geniale curatore, la cui lezione storico-artistica permane nelle collezioni e la cui voce risuona nelle sale di Ca’ Pesaro.
La riproposizione nella medesima sede, di così tanti capolavori dei più rappresentativi artisti veneziani dell’Ottocento, ripalesati quando perduti, ristudiati quando già noti, permetterà anche di visualizzare i tratti dei protagonisti veneziani di un intero secolo, scelti nel 1923 da Barbantini per istinto: grazie alle sue pionieristiche conoscenze di allora, un secolo dopo, sono ancora in gradoi di affascinare e stupire il pubblico di Ca’ Pesaro».
L’elenco delle opere realizzato da Barbantini nel 1923, organizzato per ordine alfabetico, oltre a scarne notizie biografiche degli autori, riportava i nomi dei proprietari di allora.
Proprio da queste informazioni, ha preso avvio il coraggioso lavoro di ricerca e di identificazione delle opere, dopo cento anni dalla loro esposizione a Ca’ Pesaro.
Molte di esse, anche grazie al successo dell’esposizione, confluirono in raccolte pubbliche, mentre altre rimasero presso gli eredi o confluirono in collezioni private: se un esiguo numero è andato definitivamente perduto; tuttavia, altre opere attendono di essere rintracciate, poiché l’ubicazione è ad oggi sconosciuta.
Una decina di lavori furono donati proprio a Ca’ Pesaro dopo la mostra del 1923, e l’istituzione passò così da essere galleria, ad essere un museo, accogliendo il primo nucleo di autori del XIX secolo e arricchendo la propria collezione, dove i ritratti dell’Ottocento trovarono posto accanto ai Maestri internazionali, acquisiti dal Comune di Venezia.
È confortante pensare a tutte le persone che nel 1923, nonostante uno scenario ed una Venezia postbellica, si mossero per andare a visitare una mostra così coraggiosa all’epoca, facendo girare energia positiva ed economia.
La speranza.
Quella di cui tutti avevano bisogno per ricominciare a vivere.
Mi piace questo criterio moderno, che celebra in contemporanea un importante periodo artistico quale quello dell’800 ed un protagonista degli inizi ‘900, Nino Barbantini, ricordando non solo la sua intuizione, ma anche il suo atteggiamento propositivo e reattivo di approccio alla vita.
In tempi come questi, in fondo, è un bel suggerimento. Vivi la vita!