Questa è, inaspettatamente, almeno per me, la storia di un’arte. Viste le temperature torride di questi giorni, con un gruppo di amici abbiamo deciso di andare fuori a cena, sperando di trovare un po’ di refrigerio, e più precisamente abbiamo optato per una trattoria sui colli euganei dopo suggerimento di un conoscente comune.
I colli, con il loro paesaggio verde, ci facevano voglia, così siamo partiti.
In estate, quali cibi secondo voi, è corretto mangiare?
Secondo me alimenti rinfrescanti quali insalate sfiziose, pasta fredda, gazpacho, oppure pesce o carne cotta semplicemente con del pinzimonio come accompagnamento, quindi figuratevi come sono rimasta, quando uno del gruppo ha ordinato una frittura con in più un piatto di patate fritte.
Ora… ci sono 7000 gradi (scegliete voi la scala di misurazione tanto fa lo stesso) di temperatura la sera, proprio una frittura?
Sai che gioia la digestione, visto che nessuno di noi è propriamente fanciullo?
E non si tratta di essere critici, si tratta del fatto che poi, al ritorno, in macchina, partono le domande: avete un antiacido? Qualcuno ha qualcosa per il reflusso?
Alle mie deboli osservazioni, giusto per non essere la guastafeste di turno, la signora che prendeva gli ordini mi dice “guardi, che in realtà, una frittura, se fatta correttamente, non è poi così fuori luogo come scelta” e comincia a spiegarmi un sacco di cose a me sconosciute.
Per prima cosa, dice, bisogna ricordare che gli alimenti vanno fritti a temperature diverse a seconda del loro grado di idratazione, e che non si deve mai oltrepassare il “punto di fumo” (questo qualcosa mi dice…), perché in questo caso gli oli si decompongono.
Vero, penso: si forma la famigerata acroleina, dannosa per il tessuto epatico.
Poiché l’olio di oliva ha il punto di fumo a 290°, quindi alto, è il più indicato per friggere.
Con buona pace per tutti gli altri.
Per riconoscere il giusto punto di calore, si deve immergere nell’olio un dadino di pane raffermo: se si forma uno “sfrigolio allegro”, è al punto giusto.
L’olio poi, deve essere abbondante tanto da far nuotare i cibi mentre friggono, e questi, a loro volta, vanno messi in padella in piccole quantità, così da cuocere uniformemente da ogni lato.
I tipi di frittura sono essenzialmente tre: moderata, sui 190°, per tutti gli alimenti che contengono molta acqua (frutta, verdura, pesci) oppure per grandi pezzature, perché questo permette che friggano lentamente all’esterno e si cucinino bene all’interno.
Frutta e verdura, tolte le patate, vanno prima passate nella farina o nella pastella, per un fatto semplice: a contatto con l’olio la farina forma subito una “crosticina” e l’acqua non schizza con possibili ustioni per chi cucina.
Quella calda, 220-250°, serve per fettine di carne tipo cotolette, per impanati o già cotti in precedenza, tipo crocchette.
Quella bollente, 290°, è giusta per piccoli pesci, gamberetti e tutto ciò che necessita di una rosolatura esterna e cottura rapida.
Qualsiasi sia la temperatura di cottura, una volta pronti, i cibi devono essere prelevati con una schiumarola e lasciati perdere l’unto in eccesso, su foglio da cucina assorbente.
L’olio di oliva, per via del punto di fumo alto, potrebbe essere riutilizzato altre volte, ma la signora sconsigliava comunque.
La frittura andrebbe mangiata poco, (cosa che mai avrei potuto suggerire a mia suocera che era romagnola e friggeva di tutto e spesso e bene) ma quelle volte, va fatta ad arte e con amore.
Il nostro amico se l’è mangiata di gusto, pare senza conseguenze negative, così abbiamo deciso di ritornare nello stesso posto con il fresco, per provarla anche noi.
Magari torno con altre notizie interessanti da proporvi. Vivi la vita!