Avete mai sentito parlare della Torre Colombaia?
È una costruzione rurale tipica del medioevo, in cui venivano allevati piccioni per i più svariati scopi, dalle comunicazioni alla concimazione dei terreni, dall’alimentazione alla caccia. All’epoca era inoltre considerata, dalle famiglie titolate, come uno status symbol, un antesignano telefono insomma, vista la presenza dei volatili, inoltre era situata spesso anche all’interno dei magazzini dei monasteri, quelli che servivano per collocare le decime, cioè la decima parte del raccolto dei contadini, lasciata come tributo per l’uso del terreno.
Proprio dall’incontro del tutto casuale con una di queste torri, diroccata e decisamente in disuso, nasce una storia d’ amore e di passione coniugate con molto talento.
Personaggio principale e regista, Carlo Rocchi, imprenditore e mecenate.
Carlo, che ho avuto il piacere di incontrare e conoscere, si presenta per quello che è: estrazione contadina, che più volte sottolinea con orgoglio, e tanta voglia di lavorare e costruire, supportate da un talento innato. Quale talento?
Seguitemi, per favore, ed il talento lo capiremo insieme.
Rocchi dunque, classe 1943, nasce a Santa Maria di Sala (VE) e, giovane, viene assunto all’ElettroBraille come operaio specializzato: l’azienda realizzava il doppiatore, una macchina da scrivere che traduceva in Braille la scrittura normale.
Quando il titolare viene a mancare, Carlo prosegue il suo lavoro modificando la macchina, rendendola innanzitutto più veloce ma soprattutto permettendole di stampare i fogli fronte/retro.
Può sembrare cosa da poco, ma avete presente l’impatto sul volume dei testi?
Il dimezzamento, con comodità conseguente.
Per presentare questo nuovo metodo di scrittura, gira tutta l’Europa, poi ritorna a Santa Maria di Sala ed apre una sua azienda.
Oggi, dopo anni di impegno e duro lavoro, l’attività commerciale è stata ceduta ad un amico, con il quale continua però a collaborare, soprattutto se una macchina si rompe.
Carlo, fermo, non sa proprio stare.
Circa vent’anni fa, un giorno, andando a Vò, sui Colli Euganei, vede dei ruderi con un adiacente torre, la colombara, appunto.
È amore a prima vista, nonostante di tutta la costruzione non restino che pietre: tutt’oggi, l’imprenditore ammette di non sapersi dare una spiegazione per tale immediata attrazione.
Ma vi è mai una spiegazione razionale per l’attrazione?
Carlo vede proprio in quelle pietre, qualcosa per lui di speciale e di magico, come sempre capita in un amore a prima vista; dopo qualche ricerca, scopre che il comprensorio era stato il magazzino del monastero di Sant’Eusebio, le cui rovine sono tuttora presenti sul tratto di roccia che sovrasta l’area, e che dipendeva, a sua volta, dall’abbazia di Praglia.
Decide di acquistarlo e ristrutturarlo.
Un lavoro gigantesco, che Rocchi decide di fare in prima persona, solo con l’aiuto di due operai e saltuariamente di qualche amico volonteroso, riutilizzando tutto il vecchio materiale, per mantenere simbolicamente la tradizione del manufatto. Adattando il tutto però agli standard attuali.
I lavori son stati tutti eseguiti a mano, recuperate e ristrutturate le antiche travi, mantenute le volte originarie dopo averle smontate e rimontate “come i Lego” – parole sue, la vecchia scala interna in pietra in parte mantenuta e messa rispettosamente in evidenza: tutto ciò non si improvvisa, intendiamoci bene, ha dovuto quindi studiare a lungo su libri e manuali, le tecniche corrette di esecuzione.
Se non sono amore e dedizione questi….
Il talento sta invece in una manualità naturale e prodigiosa che lo ha accompagnato tutta la vita, assieme ad una volontà caparbia e fattiva.
Ora, dopo il recupero, l’intento è quello di far conoscere la Colombara al pubblico.
Il complesso è costituito dalla torre colombara, appunto, che con i suoi 15 metri di altezza, risulta essere l’elemento più affascinante di tutto il sito, e che dona il nome al luogo, da una sala con annessa cucina, sfruttabile per eventi, da una barchessa e da una residenza; il tutto immerso in un piccolo giardino di ulivi; piacesse, vi è anche possibilità di pernottamento nella torre.
Dovreste visitarla, e vi invito a farlo, non solo per il garbo e la disponibilità del padrone di casa, ma per l’atmosfera che vi si respira.
Sul tetto della torre vi è un simbolo, riconducibile ai Templari, ma questa, insieme alla controversia sulla presenza di Ugo Foscolo in quei luoghi, è una storia che vi racconterò in un prossimo post. Ascolta la passione e vivi la vita!