Come ogni anno all’inizio dell’estate, sono andata in libreria a sbirciare tra gli scaffali i nuovi arrivi, in modo da programmare così, le letture da fare in vacanza.
E gli audiolibri? E gli ebook? Sarà la domanda di molti di voi.
Il fatto è che io amo maneggiare fisicamente i libri.
Mi piace andare tra le mensole, mi piace sentire l’odore della carta stampata e, se possibile, mi piace sfogliarli. Lo so, in valigia pesano, sono ingombranti, ma per me è il risvolto del piacere di tenerli in mano, di fare ogni tanto un’orecchietta per ricordare il punto cui sono arrivata, di sottolineare un passaggio che mi è piaciuto o su cui voglio ritornare.
Mentre mi immergevo in questo puro godimento, è capitato sottomano un libro, di non più di 200 pagine circa, dal titolo particolare: “l’inaccessibile Solitudine di Dio”.
Ora, non ho mai percepito Dio come solo, anzi tra angeli, santi e beati ho sempre trovato il cielo piuttosto affollato, e l’arte mi è stata sempre di supporto in questo convincimento, motivo per il quale un titolo siffatto, mi ha incuriosita.
Sono andata quindi all’autore, Antonio Mosca, avvocato a Mestre.
Ed impulsivamente decido di contattarlo.
L’ho cercato e raggiunto, ci siamo incontrati per un caffè, il che mi ha permesso di fargli delle domande anche personali alle quali ha risposto sempre con molta schiettezza e disponibilità, senza mai negarsi.
Mosca, nasce a Mestre da madre friulana e padre vicentino.
La madre ed i nonni friulani la dicono lunga sul suo crescere, gente concreta, tutta d’un pezzo, riservata, che indirizza il bambino, dall’età di sei anni, in collegio. Era molto frequente in quegli anni, da parte delle famiglie, tale scelta, ma lui anche oggi non se ne capacita.
Del papà ricorda meno, in quanto la madre ed il padre si separarono presto, dopo la sua nascita.
Le vacanze estive, scenario importante del suo libro e del suo crescere, venivano trascorse nella grande casa dei nonni a Treppo, in Friuli appunto.
Le giornate calde estive scorrevano lente in mezzo alla natura, ma piene di esperienze che sviluppavano contemporaneamente in Antonio, una consapevolezza interiore che da grande si trasformerà in sensibilità e gentilezza, quella che io ho avvertito nel nostro incontro.
Potrei raccontarvi qualche passo del libro, o il perché proprio di quel titolo, ma dopo averci pensato, non lo farò.
Non desidero togliervi l’incanto del leggerlo né dare di una storia aggraziata interpretazioni arbitrarie, in quanto personali.
Ma una cosa posso fare: se vi piacciono letture che facciano emergere i vostri ricordi, un po’ catartiche se vogliamo e con le implicazioni che questo può comportare, ma trattate in modo concreto e rispettoso, un saggio così dovreste proprio leggerlo. Per me è stato un momento di autentico piacere.
Vivi la vita!