Giusto per informare, il Veneto da solo, è quarto nel mondo per la produzione di vino ed il prosecco è quello che fa la parte del leone nella lavorazione.
Sono veneta, ne consegue che, se non mi piacesse il vino, probabilmente risulterei più anomala e scomoda del granchio blu.
Purtroppo, non mi intendo moltissimo di vini, ma so esattamente e perfettamente, ciò che mi piace; dei vini locali viceversa conosco abbastanza e mai avrei pensato che il territorio mi riservasse una sorpresa.
Sono stata giorni fa sui Colli Euganei, per visitare una località che sarà il soggetto di uno, o più, dei prossimi post.
I Colli Euganei, anzi, il Parco Regionale dei Colli Euganei, consiste in un comprensorio montuoso di origine vulcanica, sorprendente del suo nella Pianura Padana, i cui rilievi non superano i 600 metri del monte Venda.
La storia geologica ha creato nel tempo una biodiversità botanica e faunistica estremamente interessante, ed è proprio per salvaguardare questa diversità che è stato creato il primo Parco Regionale del Veneto.
La storia dei Colli è lunga ed importante e viene raccontata ogni giorno a chi visita quei luoghi, dai siti archeologici, i borghi, le ville, i castelli (del Cataio abbiamo già avuto modo di parlarvi).
Il paesaggio è quello di certi sfondi dei quadri del Giorgione, o di Cima da Conegliano: l’eleganza vecchio stampo di certe cittadine ricorda una tradizione ricca di eventi ma superata con coraggio da una popolazione sempre fattiva e laboriosa.
Le acque dei Colli Euganei sono conosciute da sempre, ma presso le antiche popolazioni, le loro virtù terapeutiche dovettero apparire misteriose e soprannaturali come spesso accade per i fenomeni sotterranei. Lo sgorgare dal sottosuolo di acque caldissime e vapori odoranti spesso di zolfo, fu attribuito a divinità e naturalmente le leggende nel tempo si accavallavano.
Le acque del bacino euganeo parrebbero, oggi, essere in realtà di origine geotermale e non vulcanica come si era creduto una volta. Provengono dalla zona lontana un centinaio di chilometri, e ricca di piogge, delle piccoli Dolomiti, del Pasubio e degli altipiani vicentino-trentini, si infiltrano poi attraverso una estesa frattura del sottosuolo, all’altezza di Schio, fino ad una presumibile profondità di 3000 m e vengono risospinti in superficie, surriscaldate ed arricchite di sostanze chimiche naturali, all’incontro con lo sbarramento di terreni impermeabili e con l’azione delle acque pluviali fredde dell’area a nord est dei Colli Euganei: si calcola che per raggiungere la località finale, dalle piccole Dolomiti, le acque impieghino nel loro viaggio sotterraneo, almeno una cinquantina d’anni.
In questo territorio collinare, ancora prima della coltivazione della vite sia a bacca bianca che rossa, cresceva rigoglioso l’ulivo, tutt’ora presente.
Visito questi luoghi da sempre, conquistata dalle Terme, e l’altro giorno, per la prima volta, mi è stato proposto il Serprino, vino bianco frizzante DOC a gradazione bassa, cosa a me gradevole.
Il vitigno, radicato da sempre sui Colli, poco racconta della sua origine, anche se pare sia riconducibile al Pucinum, il quale veniva prodotto allora in provincia di Trieste e, gossip moment, era bevuto dalla seconda moglie di Augusto, Livia, che arrivò, all’epoca, alla mirabile età di 86 anni, pare per le proprietà terapeutiche inerenti all’amato vino.
La quantità gustata da Livia giornalmente, non è mai trapelata.
Il vitigno del Serprino cresce nel versante settentrionale, meno esposto al sole e dove i vigneti si alternano a zone boscose, quindi più temperate.
Il vitigno è la Glera all’85%, il resto, max 15%, altri vini, con un tasso alcolico che varia dal 10,5 all’11,5%.
Si presenta di colore giallo paglierino, fruttato, secco e con bollicine fini, eleganti e gradevoli al palato. Va naturalmente bevuto fresco.
Per me assaggiarlo è stata una gradita sorpresa, quindi ve lo suggerisco con la speranza si riveli piacevole anche per voi. Meglio se lo farete in buona, positiva e divertente compagnia.
Gusta e vivi la vita!