Come ci si comporta in una famiglia quando arriva la notizia che sta per nascere un bambino?
Usualmente, finiti i doverosi festeggiamenti, iniziano i preparativi per accogliere un nuovo componente.
Il che vuol dire cominciare ad allestire la cosiddetta “cameretta” in modo che il nuovo arrivato possa avere tutti i suoi comfort, che poi sono gli stessi che rendono più sciolta anche la vita dei genitori o di chi, di quel bimbo si occupa.
Il lettino per farlo dormire, il fasciatoio per cambiarlo, un basic di giochi, anche perché all’abbondanza penseranno poi, nonni stregati dalla creatura.
Questo operare si chiama semplicemente, lungimirante organizzazione e pianificazione, concetti utili ad un ordinato e confortevole sistema di gestione della nuova, tenera new enter.
Veniamo a noi.
Questa mattina, a Canale 5 e più precisamente a Mattino 5, vi è stato l’ennesimo servizio sulla Sanità e più precisamente sulla mancanza di medici, sugli orari che gli stessi sono costretti ad affrontare e sulla violenza esponenziale cui son soggetti nelle corsie.
Sono stata ad ascoltare tutti i pareri che via via venivano esposti dai vari ospiti del dottor Vecchi e devo dire che, tutto sommato, erano assolutamente condivisibili ed equilibrati.
Il problema di fondo secondo me è che, quando abbiamo aperto le frontiere ad una moltitudine impressionante di persone, non ci siamo forse posti la domanda su come tale scelta sarebbe potuta ricadere sul nostro sistema in essere e non abbiamo considerato che, un impianto programmato per un certo numero di persone, si sarebbe trovato a dover affrontare volumi cui non era preparato, con una risposta forzatamente carente: è mancata cioè del tutto la programmazione.
Non sto facendo colpe, né politica, non è questo blog il luogo dove farla, e non sono contraria ad un’integrazione di popoli e culture.
Anzi.
Ciò cui sono fermamente contraria è il comportamento da buonisti, quello che ha permesso di aprire frontiere con grande disponibilità ma senza un minimo di programmazione e senza dare al contempo a chi arrivava luoghi dignitosi dove vivere e lavoro giustamente retribuito con cui mantenersi; questa non è accoglienza, né disponibilità.
Questo non rispetta la dignità degli individui.
Conseguenza logica della non programmazione è che queste persone, una volta arrivate in Italia, hanno avuto bisogno tra le altre cose di medici, di ospedali, e non li hanno trovati pronti a tale onda d’urto.
Mentre non li trovavano preparati i nuovi arrivati, non li trovavano più ordinati neppure gli italiani e le inquietudini che ne sono figlie, hanno cominciato a produrre tensione, nervosismo che, arrivato all’orlo, è sfociato in violenza.
E dopo questa disamina, quale sarebbe la soluzione?
Io sono solo la spettatrice che guarda la stanza di cui parlavamo all’inizio, disordinata, impreparata a ricevere chicchessia: posso augurarmi che venga riordinata quindi, velocemente e con seri criteri organizzativi.
Certo, bisogna prendere delle decisioni difficili e magari impopolari, ma da qualche parte bisogna cominciare.
E subito. Fissando priorità.
Non possiamo permettere che il nostro personale medico e paramedico viva nell’apprensione e nella stanchezza per eccesso di lavoro. E neppure possiamo permettere che si curi solamente chi ha le possibilità, ricorrendo alla medicina privata: sarebbe l’ennesimo fallimento.
Auspico che tutti i boomer e non solo, di qualsiasi etnia essi siano, possano invecchiare in Italia con la stessa sanità che, fino agli anni 70, è stata un esempio di vera accoglienza ed efficienza.
Perché il rispetto delle fragilità la dice lunga su un Popolo.
Allora si, potremmo serenamente vivere la vita!